Giorgio Bertani editore ribelle, a cura di Marc Tibaldi, con contributi di Antonio Moresco e Carlo Rovelli, Milieu Edizioni, Milano, 2020, pp. 143, + dvd con docufilm, euro 16,90.
Milano, 28 settembre 1962, mezzogiorno e un quarto circa. Davanti al consolato spagnolo si presenta un’auto di servizio – o almeno tale sembra – che avrebbe dovuto condurre il viceconsole Isu Elias a un pranzo di rappresentanza con il vicesindaco della città. In realtà l’alto funzionario, non appena appoggiate le sue diplomatiche chiappe sui sedili posteriori, si ritrovò un paio di pistole puntate addosso. Il prigioniero condotto e custodito per tre giorni in una casa di montagna presso il confine svizzero, sarà infine liberato senza subire ulteriori violenze. Era il primo rapimento politico che si verificava nell’Italia del secondo dopoguerra, messo in atto come contropartita per salvare la vita all’anarchico Jorge Conill e quella di altri antifranchisti già condannati a morte in Spagna, con l’accusa di terrorismo. La conseguente, eccezionale, mobilitazione internazionale antifascista raggiunse l’obiettivo che si era prefissato e i rapitori, processati, ebbero condanne lievi per aver agito “per motivi di particolare valore morale”. Il gruppo dei sequestratori, tutti in età abbastanza giovane, era composto da quattro anarchici milanesi (Amedeo Bertolo, Luigi Gerli, Gianfranco Pedron, Aimone Fornaciari) e da quattro socialisti di Verona. Fra questi ultimi, oltre a Alberto Tomiolo, Giambattista Novello Paglianti e Vittorio De Tassis, c’era anche Giorgio Bertani, condannato a cinque mesi per possesso d’armi. Del rapimento nei suoi dettagli e sul ruolo svolto dai singoli organizzatori e partecipanti, continueranno a circolare nei decenni successivi almeno un paio di versioni: una più “milanese”, l’altra più “veronese”.
Nel bel libro, curato da Marc Tibaldi, c’è questo importante episodio della vita di Bertani. Ma c’è anche ben altro. C’è una vita di pensiero e azione. Per la generazione dei nati fra gli anni Quaranta e Cinquanta la Bertani editore ha rappresentato, per tutto il lungo Sessantotto, nel Settantasette e fino ai prodromi degli Ottanta, un punto di riferimento ineguagliabile nel mare magnum di pubblicazioni, librerie, iniziative variegate dei movimenti e della controcultura. E poi faceva dei libri che erano anche “belli da vedere”.
“Frutto di un lungo lavoro di ricerca tra archivi e storia orale, questo libro – leggiamo sul risvolto di copertina – ripercorre la storia di una casa editrice e della città in cui è nata, Verona, all’epoca laboratorio di culture antagoniste, al pari di Milano, Bologna e Padova, all’interno delle tensioni culturali e politiche che animavano questa sorta di triangolo. Tra testi eretici, successi editoriali, premi Nobel, censure poliziesche, ristampe e incontri internazionali, vengono raccontate la vita e le passioni di un editore che diventano specchio di un’epoca di ribellioni. Da Dario Fo a Horst Fantazzini, da Georges Bataille a Franco Berardi Bifo, da Paul Nizan a Jacques Derrida, dai Tupamaros all’IRA, da Giangiacomo Feltrinelli a Felix Guattari, dal Vietnam alla Cina, da Franca Rame a Gilles Deleuze… e così ancora per altre vie di fuga in una prospettiva vertiginosa che attraversa fuochi del pensiero e insorgenze sociali, questo è Giorgio Bertani editore ribelle.”
Il libro e il docufilm (quest’ultimo con interviste inedite a Bertani e a numerosi protagonisti di quella stagione, con musiche del jazzista Claudio Fasoli) rappresentano indubbiamente un notevole contributo di conoscenza. E non solo per il richiamo di eventi e situazioni di quegli anni nella loro mera sequenza temporale, ma per l’accattivante riproposizione narrativa, senza nostalgie, di un immaginario libertario e sovversivo che, sebbene datato e generazionale, continua a porsi nell’ottica sempre attuale di “ordigno mitopoietico” (per dirla con Marc Tibaldi).
Nel docufilm Bertani racconta, sul filo dell’emozione, il suo percorso formativo accidentato, la sua acculturazione familiare proletaria, gli studi interrotti in seminario e la passione precoce per un mestiere: quello di libraio e editore. Anticonformista coraggioso, socialista libertario influenzato dall’anarchismo, dal marxismo critico e dall’operaismo, marcherà la sua vita proponendosi come agitatore politico culturale. La sua figura, pur nelle differenze, è stata paragonata a quelle di Primo Moroni e Giangiacomo Feltrinelli.
Il volume dipana la sua trama incrociando la biografia del protagonista con il catalogo dell’editrice, ricchissimo di titoli, temi e situazioni. Prosegue dettagliando le dinamiche del rapimento del viceconsole. Si sofferma poi sull’attività di editore militante di Bertani svolta nel ventennio 1968- 1988, sui rapporti con Dario Fo, sulla collaborazione con Franco Rella e Alberto Tomiolo. Con il Settantasette diventano centrali l’analisi e l’attenzione sui nuovi movimenti “desideranti”, sulle controculture e, ancora, sulle classi subalterne e alla storia “altra” degli antagonismi operai, della conflittualità sindacale. Un apposito capitolo è dedicato allo psichiatra veronese Vittorino Andreoli che ebbe con Bertani, suo editore fra l’altro, una pubblica diatriba che verteva sulla questione interpretativa della correlazione tra psicologismo e tensioni sociali. L’opera prosegue con un’interessante ambientazione cittadina dello scrittore Antonio Moresco, giunto nel 1974 a Verona come funzionario stipendiato di “Servire il Popolo”, che apre la parte ponderosa dedicata alla documentazione storica. In essa si ritrovano, tra le altre cose, i documenti centrali del Settantasette, come l’appello degli intellettuali francesi in occasione del Convegno di Bologna sulla repressione, il comunicato per l’uscita di “Bologna marzo 1977… fatti nostri”. Da segnalare anche una incisiva riflessione sul movimento scritta da Carlo Rovelli: “Sogni, errori, libertà. Il nostro ’77 fu diverso”.
“Spesso – scrive lo stesso Rovelli – nella storia i sogni di costruire un mondo migliore sono stati sconfitti. Ma hanno continuato a lavorare sotterraneamente. E alla fine hanno contribuito a cambiare davvero. Io continuo a credere che questo mondo sempre più pieno di guerra, di violenza, di estreme disparità sociali, di bigottismo, di gruppi nazionali, razziali, locali, che si chiudono nella propria identità gli uni contro gli altri, non sia l’unico mondo possibile. E forse non sono il solo”.
Giorgio Sacchetti
Reperibile in libreria oppure sul sito di Milieu Edizioni www.milieuedizioni.it